
In un mondo come il nostro fatto di immagini, quella che vedete all’inizio di quest’articolo potrebbe sembrare non particolarmente attraente. Eppure questa foto ha qualcosa di unico: è stata infatti la prima ed ha quasi 196 anni! Li compirà per l’esattezza il prossimo 19 agosto, nella stessa data in cui fu scattata nel 1826. La prima immagine non disegnata da mani d’uomo fu scattata da un francese di nome Joseph Nicéphore Niépce e ritraeva la veduta dalla sua finestra della casa di campagna. Quello di Niepce non fu però uno scatto venuto fuori dal nulla sia perchè per realizzarlo fu necessario mettere a punto uno strumento complesso, sia perchè per arrivare a questa foto c’ è stato un lungo cammino fatto di curiosità, inventiva, ingegno e tanta passione che hanno unito le menti e i cuori di tanti. Racconta il sito web farefotoindigitale.com:
Niépce catturò l’immagine utilizzando una lastra fotografica di sua invenzione: spalmò su di una lastra di rame ricoperta di argento una soluzione fotosensibile composta da del bitume di Giudea polverizzato (una miscela contenente bitume, standolio, argilla e essenza di trementina) e dell’essenza di lavanda. Successivamente all’asciugatura della lastra (il negativo), questa venne esposta, in una camera oscura, per alcune ore. Quindi lavata in un bagno alla lavanda (serviva per disciogliere le parti che non avevano ricevuto luce) ed asciugata. Per il positivo Niépce utilizzò dei cristalli di iodio, precipitati in ioduro d’argento al contatto con la lastra. Successivamente “lavò” via la vernice (con alchool) dalla lastra stessa, al fine di ottenere la trasformazione del negativo in positivo (in pratica ha scoperto la eliografia).
Già in questa descrizione si fa riferimento ad una serie di concetti tutt’altro che secondari, invenzioni e scoperte che si sono sviluppate nel corso non di secoli, ma addirittura di millenni. Uno di questi è la “camera oscura”, ovvero quell’ambiente buio sulla cui parete viene praticato un foro nel quale i raggi luminosi che vengono proiettati da oggetti esterni si incrociano venendo così proiettati sulla parete opposta creando un’immagine capovolta degli oggetti rappresentati. La camera oscura era conosciuta già nel XIII secolo e, se il suo nome si deve a Keplero, fu Leonardo da Vinci a parlarne spesso nei suoi scritti. Le altre sostanze e soprattutto il modo di usarle non erano altro che il frutto di un lavoro di generazioni e generazioni di inventori, scienziati, filosofi, matematici e scienziati in genere ciascuno dei quali aveva aggiunto un suo personale contributo all’interno di quella che può senza dubbio essere definita una grande epopea mondiale. Già Aristotele nel IV secolo a.C. aveva descritto la futura camera oscura parlando di creazione di ombre tramite un fuoco posto alle spalle degli spettatori, ma anche facendo alcune osservazioni sulle eclissi di sole. Fu invece nel Medioevo che nacque, grazi all’opera di alcuni alchimisti, il cloro, ottenuto scaldando del cloruro di sodio, ossia il sale. Combinando il cloro con l’argento videro che la sostanza ottenuta, il cloruro di argento, era bianca al buio e viola alla luce diretta del sole. In altre parole era un composto fotosensibile, cio

è sensibile alla luce, il primo scoperto nella storia, senza il quale sarebbe stato impossibile arrivare alle pellicole moderne, ottenute proprio grazie ad una serie di scoperte fatte proprio con composti fotosensibili. Nel tempo ne furono scoperti altri in grado di trattenere le immagini, fino ad arrivare al complesso procedimento che Niepce adottò per la sua prima foto.
Ma anche dopo quello scatto la fotografia ha conosciuto grandi passi avanti: se infatti le prime macchine fotografiche erano molto ingombranti, ora basta uno smartphone tutt’altro che gigantesco per fare belle foto. A fare la differenza però – è bene sempre ricordarlo – non sta solo nei dettagli tecnici che conferiscono nitidezza all’immagine o garantiscono foto accurate nei minimi dettagli:
“Non scattare quello che appare. Scatta quello che ti fa sentire ” dice il fotografo statunitense David Alan Harvey con una frase che fa davvero riflettere…