Quella che è appena passata, essendo stata il 13 febbraio, è una delle giornate tutt’altro che da dimenticare, dal momento che celebra qualcosa che ognuno di noi, nella sua vita ha sicuramente incontrato. La Giornata in questione ha celebrato una cosa che rappresenta un elemento capace di mettere insieme le emozioni, lo svago, la voglia di informarsi, la riflessione, la fantasia e la preghiera, oltre a molto altro ancora. Stiamo parlando della Radio e non è un errore scrivere questa parola con la maiuscola, dal momento che non ci riferiamo in questo caso al semplice messo con cui ascoltiamo i vari programmi, le canzoni o le partite dei vari sport. Ci riferiamo a tutto quel mondo, del quale lo strumento in questione è solo una parte, fatto di voci, vicinanza, familiarità e, al tempo stesso, grande professionalità che, a giudicare dai dati diffusi in occasione proprio della Giornata Mondiale della Radio, è in grado ancora oggi di destare l’altissimo interesse di un numero sempre elevatissimo di persone. Ascoltata ogni giorno dal 75% degli europei e, in particolare, da decine di milioni di italiani, con le principali emittenti regolarmente al di sopra degli almeno tre milioni di ascoltatori in media ogni giorno ed alcuni canali che raggiungono e superano i 7 milioni e mezzo, la Radio è anche, a livello europeo, il mezzo di comunicazione ritenuto più credibile, come ha fatto notare la Commissione Europea in un’indagine del 2016 che, al contrario, in tempi di “fake news”, evidenziava il crollo di fiducia nei confronti di Internet e social network. Dialogo, Tolleranza e Pace sono le tre parole scelte come tema della Giornata celebrativa in questo 2019: in effetti questi tre concetti, come fanno notare diversi esperti di media, sono insiti in questo formidabile strumento, che per sua natura, agile e versatile, si inserisce dappertutto, anche nei moderni dispositivi, ha costi davvero ridotti, può far avere ospiti in diretta con poco, annullare le distanze, ad esempio non facendoti capire se chi parla ha la pelle bianca o nera, è “normodotato” o persona con disabilità) e creare occasioni di incontro e collaborazione.
Chissà se quando, nel giardino di casa sua, il giovanissimo Guglielmo Marconi, faceva i suoi primi esperimenti aveva in qualche modo capito che tutto questo sarebbe stato legato a quello che stava per inventare: “Dopo aver notato che alcune scariche temporalesche captate da un rudimentale parafulmine facevano squillare un campanello elettrico cercò di sfruttare questo fenomeno (ovvero le onde elettromagnetiche teorizzate fin dal 1864 dal fisico James Clerk Maxwell e gli esperimenti di Heinrich Hertz) per realizzare un sistema di telegrafi senza fili” si legge nella sua biografia sul sito del Comitato Guglielmo Marconi. “Nei primi esperimenti – si legge ancora nel racconto – si limita ad inviare segnali nella soffitta a distanza di pochi metri, successivamente la distanza viene aumentata impiegando un sensibile ricevitore-rivelatore “coherer” nel quale Marconi inserisce una originale miscela di polveri metalliche ed in serie al rivelatore vengono collegati un campanello ed una batteria. Guglielmo continua tenacemente i suoi esperimenti per tutto l’inverno del 1894 senza avere troppi riguardi per il cibo ed il riposo. Con modifiche successive Marconi aumenta progressivamente la distanza di comunicazione. Nella primavera del 1895 i suoi esperimenti vengono trasferiti al giardino ed è qui che, nell’estate dello stesso anno, Marconi fa le sue scoperte decisive. Utilizzando una lastra metallica, per aumentare la “capacità” della sua apparecchiatura, la lunghezza delle onde radio viene portata dall’originale 40-80 cm alla banda delle alte frequenze (circa 50m). Marconi inventa, in questo modo, il sistema antenna-terra. I segnali vengono ricevuti con successo ad una distanza di 2400 m e finalmente, al termine di Settembre, la trasmissione supera l’ostacolo di una collina; questo esperimento storico, concluso col famoso colpo di fucile, celebra la nascita della radio“. Il resto è storia più o meno nota, con il brevetto conseguito nel Regno Unito nel 1896 e soprattutto la sua prima trasmissione a lunga distanza tra un paesino della Cornovaglia e San giovanni di Terranova in Canada. L’evento fu descritto dallo stesso Marconi in questo suo audio:
Da allora la radio di strada ne ha fatta moltissima. Come mezzo di comunicazione di massa prende piede negli anni ’20, e in questo campo è la più grande innovazione dopo quella apportata dalla stampa. Nel 1922 partono le trasmissioni della BBC, la radio più antica del mondo in onda ancora oggi, mentre in Italia si deve attendere il 1924 per la nascita dell’Unione Radiofonica Italiana e i primi storici annunci (allora in AM). Eccolo il primissimo annuncio radiofonico di un canale italiano, datato 1924:
Passano pochi anni e la Chiesa, intuendo l’enorme potenziale del nuovo mezzo di comunicazione, proprio grazie alla, collaborazione di Marconi, lancia la Radio Vaticana che inizia le sue trasmissioni nel 1931 così:
Quanto la Radio possa essere strumento di libertà anche se si è costretti a vivere da perseguitati o sotto l’oppressione del nemico che ha invaso la tua patria lo si vede chiaramente durante la Seconda Guerra Mondiale, quando nasce Radio Londra, le cui trasmissioni ebbero inizio il 27 settembre 1938, quando, al culmine della crisi di Monaco, il primo ministro britannico Charberlain trasmise il suo discorso alla nazione anche in francese, tedesco e italiano: nascevano così i “servizi europei” della BBC. Con lo scoppio delle ostilità, un anno dopo, le trasmissioni in lingua italiana si intensificarono: da un quarto d’ora a un’ora e mezza al giorno nel maggio del 1940, fino a raggiungere le quattro ore e un quarto, suddivise in quattordici trasmissioni, nell’agosto del 1943. Ma ecco un esempio di comunicazione in stile Radio Londra, in cui è evidente l’uso di un linguaggio cifrato per riuscire a sfuggire alle strette maglie della censura del regime fascista:
Nel frattempo, prima del conflitto, era stata, sempre attraverso le onde sonore, la voce di Nicolò Carosio a raccontare i due Mondiali di calcio vinti dall’Italia. Ecco un breve estratto della sua radiocronaca della finale del 1938, che segnò la seconda vittoria azzurra:
Finita la guerra e passata l’euforia per la televisione, in tutto il mondo la passione per la Radio non scomparve. In Italia apparvero, negli anni ’70, le prime “radio libere”, emittenti cioè non gestite dallo Stato e spesso in grado di raccontare spaccati di realtà anche attraverso veri e propri atti di coraggio. In questo senso l’esempio forse più conosciuto è quello di Peppino Impastato, il giovane la cui storia è raccontata nel film I cento passi, che denunciò la mafia siciliana e in particolare le collusioni con la politica del boss Tano Badalamenti attraverso la sua Radio Aut, nella quale, con un gruppo di amici, utilizzò lo strumento della satira. Ecco una sua descrizione di un Consiglio comunale:
Già nel 1960, però, l’Italia aveva cominciato ad essere raccontata attraverso una delle sue più grandi metafore: il campionato. Tutto il calcio minuto per minuto mostrava agli ascoltatori un Paese intero in preda alle emozioni forti del suo sport più popolare senza disdegnare il racconto di quella cultura popolare che faceva parte integrante delle partite domenicali, trasmesse tutte alla stessa ora e raccontate da grandissimi cronisti che ,grazie alla collaborazione di una squadra di rara preparazione e professionalità, sapevano entrare nella case e molto spesso nelle auto o nella gite in montagna o al mare degli italiani con la discrezione di un ospite gentile, ma anche con la semplicità e la passione sportiva di un amico. Il tutto andava e, per la verità, nonostante le differenze dei tempi moderni, va ancora in onda con il condimento di questa sigla che vi proponiamo mostrandovi i volti di alcuni di questi nostri straordinari colleghi:
A questo punto è d’obbligo dire che la passione di chi scrive per la Radio è nata propri ascoltando, in particolare, questa trasmissione, al punto che, quando l’emittente radiofonica con cui collaboro, Radio Speranza InBlu, mi ha chiesto di occuparmi anche di sport, frequentando in particolare i campi del calcio a 5, l’emozione è stata forte, malgrado non fossi in quel momento impegnato in alcuna diretta, ma dovessi solo realizzare alcuni servizi sulle partite che andavo a seguire. Mi è capitato, grazie a questo lavoro, di conoscere personaggi straordinari e i ricordi sono talmente tanti che ci vorrebbe un articolo a parte per raccontarveli tutti. Per ora vi dico solo una cosa: anche vista dalla parte di chi parla al microfono o da quella, tutta – ve lo assicuro – speciale, di chi sta in regia, la radio ha una capacità di creare empatia col pubblico davvero straordinaria, in un modo talmente unico che è impossibile descriverlo a parole. Per questo la Radio è indissolubilmente legata alla libertà. Per questo continua così tanto a piacere…
Massimiliano Spiriticchio