Cari lettori e lettrici, bentornati nella rubrica di Vortici.it in cui potrete leggere ogni settimana una poesia scritta da un autore o un’autrice della nostra contemporaneità che la nostra redazione ha scelto per voi. Buona immersione nelle profondità del vostro spirito con la poesia di questa settimana che è tratta da La curvatura della luce ed è stata scritta da Nichita Stănescu:
I
Provavo a tendere la luce
quando il suo arco disteso all’improvviso
mi gettò in alto.
E mi ritrovai dapprima più lentamente, poi
più rapidamente
e poi
fulmineo come soltanto il pensiero
si coagula nelle costellazioni di parole –
sì, mi ritrovai a scivolare
sulle sue lunghe lance mobili,
con le code conficcate nel sole,
con le punte che corrono eternamente
verso non so che cosa, verso non so quando.
E poiché io stesso ero un fulmine,
staccato dalla terra come da una nuvola,
pareva che fossi e non fossi
verso il passato, dal futuro,
verso ciò che è stato da ciò che sarà,
un numero decrescente
cinque,
quattro,
tre,
da decine di migliaia, o forse anche da migliaia di migliaia.
II
In tal modo raggiungevo e superavo
le spine della luce,
le vecchie immagini staccate dalla terra.
Simile al ferro dell’aratro che strappa
e getta
su un lato la grossa zolla di terra,
la luce solca il caos e lo riempie
di figure, di immagini, di semi,
che di passaggio ha strappato
dalla scorza azzurra del globo
che ha arato nel tempo e ha
lasciato dietro di sé, da qualche parte.
Ridi, occhio, fendi il tuo orizzonte
e sii capiente e sii attento, sempre.
Lascia che la cascata del mondo irrompa
nell’antro affamato della mia anima.
E voi piedi, calcate lievemente le soglie.
Eccomi indietro l’adolescenza.
Scendo per i miei corpi ritrovati
come per una scala
e i ricordi hanno corpo, e il tempo ha innesto.
Ed ecco i miei amici dimenticati e il mio primo amore
e il settimo anno della mia vita ritrovato,
e il primo sì e il primo no
e il mio primo stupore
e l’aria di allora
sulla punta irrigidita di un raggio.
III
Sono caduto nel mio cuore
simile alla sabbia nella clessidra.
Sono caduto nel mio cuore di bambino
così come un cavallo crolla nell’inverno.
Sono caduto in un cuore che,
a contatto con me stesso,
facevo esistere sempre meno
e più spento.
Ogni suo battito ondeggiava sempre più disteso
e io nuotavo, nuotavo e ogni
bracciata spingeva,
sempre più lontano da me,
le rive.
E nuotavo, nuotavo
in mezzo a un mare di candore,
di solitudine, di cose passate.
Nuotavo, in un galleggiante
e trasparente oceano, nuotavo.
IV
Cosa cerco, mi chiedevo, cosa cerco
sulla lucentezza dei vecchi candori
fra queste punte di luce che fanno oscillare
paesaggi morti, dissolti
in spazi di solitudine?…
È la mia ora di adesso, più viva
della luce nel sogno
e sento miracoli molto più grandi
negli attimi che vengono
che negli anni radi.
Nichita Stănescu
(Traduzione di Fulvio del Fabbro e Alessia Tondini)
Massimiliano Spiriticchio