Alcune volte è davvero sorprendente scoprire come una ricerca scientifica possa nascere da circostanze particolari.
La ricerca inglese di cui parliamo questa volta, ha preso spunto da una serie radiofonica della Bbc(andata in onda nel 2007), che analizzava i vari aspetti della memoria. Del resto senza quest’ultima, non esisterebbero i ricordi e conseguentemente sarebbe impossibile per noi raccontare e/o raccontarsi.
Più di una persona su dieci fa risalire i suoi primi ricordi a un anno di età. Il 39% sostiene di aver spalancato le ali della memoria prima del secondo compleanno.
Poiché è stato assodato che fino a tre – quattro anni è impossibile, per il cervello di un bambino, fissare ricordi che potranno essere rievocati, i ricercatori hanno mostrato scetticismo. Dando seguito a una sperimentazione specifica, hanno chiesto a un campione di 6.600 volontari di citare il loro primo ricordo d’infanzia e l’età a cui risaliva, ricostruendo che quasi nel 40% dei casi erano falsi ma, “Non falsi, immaginari”, come precisano nella ricerca uscita su Psychological Science gli specialisti delle università di Bradford e Londra. Nello specifico: “Un ricordo immaginario è una combinazione di frammenti di memoria e di dettagli appresi in seguito sulla propria infanzia” spiega Shazia Akhtar, psicologa, prima autrice della ricerca. Una foto osservata da grandicelli o i racconti di un familiare vengono confusi dal cervello con gli episodi reali e trasformati in ricordi immaginari in quattro casi su dieci.
A mischiare di più realtà e finzione sono gli anziani. “ Nessuno in genere si rende conto che il proprio ricordo è immaginario” spiega Martin Conway, il coautore della ricerca. “ Quando vengono fatte notare le incongruenze, si tende a negarle”.
Il perché, ancora una volta, può essere indagato all’interno del cervello. “Anche le memorie immaginarie sono parte della ricostruzione della propria vita e giocano un ruolo centrale nella definizione di sé” si legge nello studio.
Che gli episodi della prima infanzia siano impossibili da ricordare non vuol dire che non lascino il segno.
“Non li ricordiamo perché non abbiamo una canna da pesca capace di riafferrarli, ma loro esistono sempre” spiega Giorgio Tamburlini, (già noto a voi lettori) pediatra, presidente di quel Centro per la Salute del Bambino che ha ideato la campagna Nati per Leggere. “Anzi, sono le fondamenta della casa che verrà costruita con il tempo e per questo hanno un’importanza enorme. Inconsapevolmente, continueranno per tutta la vita a influenzare il nostro quotidiano, sepolti in parti profondi del cervello come l’ippocampo e l’amigdala”.
I ricordi e la memoria sono il puzzle della nostra vita e bisogna imparare ad averne cura poichè senza di essi non saremmo ciò che siamo, ed è questo che ci rende persone uniche e irripetibili…
Immagine di copertina: Pixabay
Cervello umano(diagramma): Pixabay
Annapaola Di Ienno